La vera storia di Long John Silver

Ho appena finito di leggere con vero spasso
questo intenso romanzo dello svedese Bjorn Larsson, editrice Iperborea, lo segnalo a tutti gli amanti della libertà e dell'avventura.

«Ho vissuto a lungo. Questo non me lo può togliere nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti. Alcuni li ho mandati io stesso all'altro mondo, se poi esiste. Ma perché dovrebbe? In ogni caso, spero con tutta l'anima che non esista, perché all'inferno ce li ritroverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell'idiota di Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio l'abbia in gloria, se un dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi

Alla fine de L‘isola del tesoro il pirata Long John Silver, imbarcato sull'Ispaniola per essere consegnato alle autorità, riesce a scappare, portando con sé parte del bottino, e a Jim non restava che augurarsi per lui un futuro sereno con la sua donna e il pappagallo. Il romanzo di Larsson non è altro che una ingegnosa e appassionata ipotesi di quanto accade dopo quel momento: si tratta infatti di una sorta di diario del colto pirata con una gamba sola, che ci racconta in prima persona a distanza di anni, dal Madagascar, le sue memorie, sin da quando era ragazzo. In fin dei conti è un saggio sulla pirateria, sulla sua epoca, sulle regole interne, sui legami con le istituzioni e il commercio ufficiale, con lo schiavismo e il contrabbando. Silver rivela la sua diversità rispetto ad ogni altro pirata, che già traspariva in Stevenson, l'origine del suo soprannome "Barbecue", la sua personalissima etica che gli ha permesso di rimanere sempre fedele a se stesso. Incontra addirittura Daniel Defoe e lo aiuta nella stesura di un suo saggio sui "gentiluomini di ventura", legge L'isola del tesoro e a partire da questa risponde direttamente a Jim, che in qualche modo è stato un perfetto allievo della sua strana didattica

Giunto ormai alla fine della sua intensa vita, Silver si guarda indietro, e cerca di far un bilancio, fornendoci un'analisi di se stesso, e in qualche modo, essendo lui l'antagonista per antonomasia, di tanti "cattivi" della narrazione. Lo stesso Stevenson si era cimentato in un esperimento del genere, con un incredibile "spin-off" dal titolo I personaggi del racconto. Il romanzo di Larsson è un vero testamento spirituale, in cui Silver rivendica le caratteristiche che hanno reso così intensa la sua esistenza, lui che, pirata atipico, è comunque rimasto il pirata per eccellenza. La forza del suo carisma sta nella sua diversità, nella consapevolezza di esistere, nella coscienza sempre presente che in qualche modo si oppone alla smania dell'attimo degli altri manigoldi, che quasi "non sanno di esistere". Silver è pirata per non avere ancore, per essere sempre libero, e per lo stesso motivo rifiuta i ruoli di comando, pur facendosi sempre carico delle responsabilità. Con la sua condotta, ci dice, è stato, e continua ad essere, una bussola per indicare cosa è bene e cosa male, cosa si fa per scelta etica e cosa per vigliaccheria.

« Fifteen men on the dead man's chest
Yo-ho-ho, and a bottle of rum!

 Drink and the devil had done for the rest—
Yo-ho-ho, and a bottle of rum!
 »

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