La fantastica utopia di Jazirat Jalitàh

Son d'accordo con voi, non esiste una terra
Dove non ci son santi né eroi
E se non ci son ladri, se non c'è mai la guerra
Forse è proprio l'sola che non c'è, che non c'è
(Edoardo Bennato - L'isola che non c'è)

Ho avuto la fortuna di imbattermi in un bel libro scritto da Simone Perotti "Atlante delle isole del Mediterraneo" edito da Bompiani. A dispetto del titolo non si tratta di un atlante geografico come tanti, ma piuttosto di uno splendido, affascinante atlante emotivo, dove le isole non sono semplicemente terre emerse, cumuli di rocce e di arbusti, ma soggetti viventi dove le storie, gli amori, le tragedie, le conquiste e i radicamenti delle genti alla deriva nel Mediterraneo, hanno impregnato le pietre, le baie, le colline, lasciando tracce indelebili che il navigante attento e senza preconcetti riesce ancora  a percepire. Ogni isola un mondo a sé stante, segnato per sempre dal proprio vissuto, ma ugualmente in dialogo costante, con uguale sentire, con le altre isole e con le terre che fanno da sponda a questo splendido mare.
L'autore scrive 42 racconti brevi, uno per ogni isola che ha deciso di includere nell'elenco, isole piccolissime, poco più di uno scoglio, isole medie e isole grandi, da Alboràn nei pressi di Gibilterra a Malu Entu in Sardegna, da Port Cros al largo della Costa Azzurra a Gharbi nel mar libico, da Kythira a Kyra Panagia nel mar Egeo, da Sveti Ivan e Berezan nel mar nero.
Tra queste è veramente affascinante la storia di Jazirat Jalitàh detta anche La Galite, una piccola isola di 8 km2 a circa 40 miglia dalla costa della Tunisia.
L'isola rimase deserta per molti secoli fino a che, nel 1850, Antonio D'Arco, per sfuggire a condizioni di vita miserevoli, con una moglie, dei figli e sette fucili, salpò da Ponza e sbarcò, dopo una lunga navigazione, sulle coste inospitali di quest'isola misteriosa.
Somigliava a Ponza, Jazirat Jalitàh, Antonio e la sua famiglia si danno subito da fare per sopravvivere: costruiscono miserevoli baracche, dissodano campi da coltivare, "...crescerà qualcosa su erte così inospitali? Si sarà chiesta in silenzio la moglie......scavare, rendere piano ciò che è scosceso, setacciare sassi mentre i bambini cominciano a correre e a giocare...".....e poi finalmente all'orizzonte un'altra barca e poi un'altra ancora, ben presto altre famiglie ponzesi colonizzano Jazirat Jalitàh, sono oltre un centinaio...e qui finalmente accade il miracolo, la teoria filosofica diventa realtà tra questi marinai-contadini ignoranti che non hanno forse mai aperto un libro. "Su quelle piane ognuno lavora a suo modo, non ci sono regole, non c'è un prete, non c'è una scuola, non c'è un sindaco, non c'è polizia, nessuno vota. Un anarchico francese vi atterra un giorno e resta senza parole. Ciò su cui si azzuffano a Parigi in interminabili dispute dialettiche nei caffè del centro, qui nessuno saprebbe nemmeno accennarlo: ma lo vive. Anarchia etimologica, non politica, nessun governo, nessuna regola, solo lavoro sulle piane e sul mare, uva e aragoste, e qualcosa da spartire di fronte al fuoco".
Anarchia realizzata dunque, forse l'unica volta, forse l'ultima volta, nel mondo cosiddetto civilizzato.
Per oltre un centinaio d'anni questa comunità vive in pace in questo splendida utopia.
Fino agli anni cinquanta del novecento, crolla il colonialismo europeo in Africa, prima l'Algeria e poi la Tunisia, i movimenti indipendentisti delle ex colonie francesi ottengono la libertà, nascono gli stati nazionali, i francesi si ritirano, Jazirat Jalitàh entra a far parte a tutti gli effetti dello stato tunisino.
Cosa fare di quella comunità di cattolici europei che si scoprono ora islamici africani?
"L'oasi dei pescatori di aragoste che vivono senza leggi è imbarazzante", i francesi con qualche lusinga e promesse di una casa vera, di negozi alla moda, di denaro spendibile nella moderna Europa, li caricano tutti su una nave e li portano in Francia, a Le Lavandou, in Costa Azzurra, lì non ci sono aragoste da pescare.
La splendida Utopia è finita.
"Il viaggiatore che scorga Jazirat Jalitàh sulla prua, o la veda apparire all'alba poco a sud della murata della sua imbarcazione potrà non credere a tutto questo. Uno scoglio, un pietrone alto nel mare, separato da tutto, può aver vissuto una simile epopea?...Non c'è nulla di vero, nulla di falso almeno nel Mediterraneo. Se non si è pronti a comprenderlo, meglio non sbarcare, non dare mai àncora.
Jazirat Jalitàh è esistita.
Non era un'utopia, per quello si è realizzata.
Dunque va dimenticata."

Splendida, affascinante storia.
Le frasi riportate in corsivo sono tratte direttamente dal libro, così come la mappa di Jazirat Jalitàh, ogni isola è riportata con una bella mappa dai colori pastello.

Simone Perotti, Atlante delle isole del Mediterraneo, editrice Bompiani, da leggere assolutamente.


Commenti

Unknown ha detto…
Onorato di queta citazione. Trapela amore per il mare e per la libertà. Per questo la accolgo con piacere. Buon vento!
MASSIMILIANO MISELLI ha detto…
Grazie a te per avermi fatto sognare con il libro....